Stefano Bottini – Venanti il simbolista anarchico

Da sempre gli artisti figurativi hanno avuto un’attenzione particolare per la nar- razione delle vicende umane, soprattutto dopo l’unità d’Italia, quando i così detti Macchiaioli iniziarono a ritrarre la povera gente indaffarata nella vita di tutti i giorni.
Ai più la cosa pareva alquanto bizzarra, poiché si veniva da un modo d’intendere l’arte come “prodotta” unicamente su commissione, e non perché stimolata nell’autore da una sua pulsione quasi irrefrenabile d’interpretazione della realtà.
In altri termini, chi paga nel caso che si voglia ritrarre la contadinella o i bovi aggiogati al sole della campagna toscana?
Ecco svilupparsi, allora, la sensibilità per un nuovo concetto di patria, per un’Italia che legherà assieme, da quel momento in poi, inscindibilmente Nord e Sud, nobili e contadini, ricchi e poveri.

Franco Venanti, pittore della grande tradizione figurativa italiana, negli anni Sessanta, dopo un primo periodo realista che l’ha visto vicino alla condizione so- ciale degli strati più deboli, entra nell’ottica di fornire un messaggio più compiuto e profondo. Cerca così di smarcarsi da posizioni “realiste”, prerogativa di un modo ben definito di pensare e realizzare la società del futuro, pensando a una pittura che potesse anche riuscire a rappresentare le inquietudini e i desideri di libertà dell’uomo Venanti, pieno di passione per le belle donne, per la politica e per tutto ciò che poteva in qualche modo metterlo alla prova.
D’altronde l’uomo deve sempre avere dei traguardi da superare, l’asticella è posta sempre più in alto e l’unica soddisfazione possibile è quella d’oltrepassarla.
Allora Venanti decide di dare alla sua figurazione un’impronta che ricorda in qualche modo lo spirito rinascimentale, legato alla riscoperta dell’uomo e delle sue capacità intellettuali e spirituali, raffigurandolo quale icona terrena alle prese con quelle pulsioni che fanno parte del lato meno conosciuto di ciascuno.
In queste dipinture aggiunge il valore dei simboli, per spedire messaggi in base al suo sentire e al suo credo.
Ecco, quindi, Venanti simbolista produrre raffigurazioni dove la tangibilità non si esaurisce in ciò che vediamo e sentiamo, poiché i nostri sensi ci permettono di scoprire solo una piccola parte del mondo, ma riesce ad andare oltre attraverso una rappresentazione più complessa.
Il Simbolismo è, per Venanti, uno stato d’animo, un atteggiamento di reazione al realismo esasperato e al materialismo, in nome di una riscoperta di valori spirituali e trascendenti.
Il pittore così cerca di superare la realtà con temi allegorici e metaforici, attra- verso l’immaginazione, l’evocazione, la visione di stati emozionali superiori, per andare oltre l’apparenza ed esprimere l’ineffabile. Si rivolge così alla nostra mente attraverso la capacità intuitiva, stimolando l’anima mediante l’uso di un’iconografia che in lui diviene narrazione.
Nel racconto privilegia la figura femminile che pare inserirsi con una duplice connotazione: sia angelica, esprimendo una positività materna, forse un flebile ricordo materno, sia demoniaca ovvero portatrice di allusioni erotiche, essere ten- tatore come Eva nell’Eden.
Venanti sembra essere attratto da cotanta bellezza e avvenenza, pare lui stesso porgere il frutto proibito, attraverso la presenza frequente del suo riflesso narciso all’interno dell’opera.
Nelle sue pitture la natura è quasi del tutto assente, il paesaggio è utilizzato raramente e di solito per creare atmosfere cariche di mistero e magia.
La volontà dell’artista di tendere a un modello classico, così puro e lontano, è sottolineata anche dallo stile della firma in opere degli anni Cinquanta, identica nello spessore dei tratti a quelle dei colleghi vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Difatti, penso sia erede d’illustri pittori del passato, non tanto nell’Umbria dell’onnipresente futurista Dottori che a sua volta rinnegò la tradizione classica, piuttosto di Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati e altri ancora, che preferirono comunicare l’incomunicabile attraverso il segreto del- l’immagine evocativa e dei simboli, percorso conosciuto allora solo agli iniziati.
Franco Venanti, così, può ascriversi al club dei pittori che riescono a fornire una descrizione profonda di un immaginario legato al nostro inconscio, spesso contrastante con l’ovvietà del giornaliero.

 

Estratto da
60 ANNI IN MOSTRA 1
Franco Venanti & 46 maestri dell’arte contemporanea umbro-toscani
A cura di: Eugenio Giannì