Antonio Carlo Ponti – Fra Ercole e Narciso
Franco Venanti non è più un ragazzo, eppure vive l’età che ha con attento e se- reno entusiasmo, da pittore che non elude, rifugiandosi nella routine, la “missione d’artista”: lavorare, se non per il bene dell’umanità, neppure per deludere il gran privilegio di creare che la natura gli ha insufflato alla nascita.
Così, sul finire del terribile 2008, quasi a esorcizzare gli sgomenti indotti dalla traballante economia finanziaria (ma pure quella reale non se la passa troppo bene), Franco Venanti torna sulla scena, da par suo, ossia con una studiata e insieme sorgiva manifestazione del suo inventare dalla testa alla mano, e dalla tavolozza alla tela, tesa a rappresentare il suo mondo come volontà, ma anche il suo narcisismo ben temperato, la sua sete di conoscenza di fronte, appunto, al mondo, alla realtà, alla vita.
E al servizio di una motivata e profonda indignazione, che in lui prende la forma e la trama dell’ironia salace, della parodia feroce, del simbolo solenne, della satira sarcastica e sardonica.
Ma per Franco, un congruo tornare sul palcoscenico dopo anni d’assenza non poteva prender corpo soltanto con dei “quadri per un’esposizione”, con una, secondo il gusto, gradevole o “sgradevole” mostra di sue opere magari recenti, piene di novità cromatiche e segniche come in realtà avviene oggi qui a Santa Giuliana (seguendo a distanza l’ampia antologica del 997con me al timone), ma doveva essere nel segno dell’omaggio solipsistico – i ritratti degli amici pittori -, e dell’omaggio agli amici pittori, riunendo loro opere secondo un costume di amicizia e stima (e collaborazione e dialogo), che va perdendo mordente.
Scrivevo nel lontanissimo 99 (per la mostra di Todi) che il Nostro “è contemporaneo proprio perché nel passato si è costruito una sua esclusiva enclave. Ma è con occhi spietatamente contemporanei che registra una verità storica che è (e si trasforma in) verità ottica”.
Bisogna pur sempre partire da qualcosa, così esortava Pablo Picasso, e Franco Venanti è partito, parte e partirà dalla storia, quella con la esse maiuscola, non dimenticando di bagnarsi quotidianamente in quella minuta, fattuale, insomma nella cronaca. Solo così si ha coscienza dell’hoggidì, e si ha stimolo del domani.
Franco Venanti sente l’urgenza della Storia, del Zeitgeist, ma non ha fermato l’orologio, le lancette continuano a fluire con il tic-tac del Tempo nello Spazio, la sua arte – non ha qui peso la quota di valore (importante non è essere grandi pittori, ma essere pittori), ma Venanti è anche grande – aggredisce e fa pensare, è gravida di idee e di rimandi, di simboli e di lacerti, è fatta di carne e sangue, e di Spirito, e di stile, ed è immersa insieme in una dimensione onirica e in un bagno di verità.
Basterebbero le sue telenere, uscite dal buio astrale, dalla tenebra densa, drammatica e goyesca, così colme di riflessi ora opachi e teneri ora tenuamente lucidi, per definire matura e valorosa, e tutto sommato non del tutto tragica, “la vision de la vida” che a Santa Giuliana Franco Venanti ha voluto pittoricamente (pittorescamente) offrire: nobile nell’intento, affettuoso nella miscela degli ingredienti, degnissimo negli esiti.
Bevagna, 8 ottobre 2008
Estratto da
60 ANNI IN MOSTRA 1
Franco Venanti & 46 maestri dell’arte contemporanea umbro-toscani
A cura di: Eugenio Giannì