Giovanni Zavarella
Secondo il pensiero di uno dei più grandi critici italiani contemporanei ci sono alcuni artisti popolari ma non universali, altri sono universali ma non popolari. Pochi sono quelli che contengono le due aggettivazioni insieme.
Indiscutibilmente la pittura esornativa ed esteticizzante, cartolinesca e passatista, senza valori e messaggi, senza contenuti e sani sperimentalismi, è destinata a perire nel giudizio storico – critico dell’arte. La produzione, senza l’aggettivazione universale, si esaurisce nel formalismo modale del tempo, in una sorta di cronaca pittorica. Raramente sfiora la storia dell’arte. Non di rado viene sepolta nel tempo dal tempo impietoso.
È un artista umbro, con respiro nazionale ed internazionale, che ha ottenuto ed ottiene risultanze valoriali che sfidano il tempo ed hanno le qualità per concorrere al futuro artistico di una terra nell’accezione della qualità della vita interpretata e trasfigurata, è senza dubbio Franco Venanti. Che dal lontano 98 propone esiti di rara bellezza formale, moderna e propositiva.
Le sue pagine pittoriche che hanno suscitato attenzione critica e interesse cultu- rale hanno avuto il dono non solo di vincere le mode (purtroppo tante!) che hanno imperversato nella seconda metà del XX secolo, ma anche di mantenere ben dritto il volano dell’autentica arte per accompagnare e sostenere la formazione delle nuove coscienze artistiche perugine, umbre ed italiane. Peraltro, in questa sua generosa missione di guida artistica, Franco Venanti che è un importante operatore culturale, un rinascimentale personaggio, un accanito cultore di oggetti antichi, un formida- bile collezionista di cose belle, ma soprattutto uno straordinario pittore umbro di respiro nazionale ed internazionale, si è speso senza risparmi e senza utilitarismi. Non di rado andando di contro al potere di turno, al prepotente di stagione. E per questo l’artista di Perugia coltiva nella sua tavolozza le ragioni che anima- no la nostra vita, lo stato tematico e problematico che ci circonda, le compulsioni che avviluppano la società contemporanea, la valoriale rissa libertaria che insorge contro la pretesa omologativa, le contraddizioni di un dibattito che si arrovella intorno all’essere e all’apparire.
Si è tentati di non parlare senza enfasi, ma pur sempre con la consapevolezza che Franco Venanti insieme a pochi altri ha dissolto il (pre)giudizio dell’Umbria provinciale, ha rappresentato e rappresenta un solido punto di riferimento per i tanti giovani che si avventurano nella seconda creazione. L’artista perugino, baciato da una curiosità intellettuale che lo ha accompagnato e lo accompagna nel suo percorso artistico, da sempre è riuscito a dissolvere il vuoto formalismo ed inventarsi una figurazione originale ed intrigante, laddove l’immagine femminile si incanta e si disincanta non solo per le aggraziate aggettivazioni anatomiche, ma anche per la (tras)figurazione sensuale. La donna non è mai visualizzata iconografica, oleografica e/o dimessa. è sempre colta, con un pizzico di sottile narcisismo, in atteggiamenti “apparentemente e distrattamente distratte” entro atmosfere incantevoli e crepuscolari. Con un richiamo alla società borghese, laddove la donna pur occupando un ruolo centrale che mai rinuncia ad essere motore centrale per un potere femminile, è dispensatrice di emozioni vitali, di amore e di vita. Indiscutibilmente il nostro artista non tradisce la figurazione, ma la interpreta per il tramite di un sapiente sogno onirico ed irreale che si avvale di una intellegibile distribuzione cromatica di un solido impianto compositivo che non è per nulla tracimato dalla ressa tematica, da misteriosi sincretismi scenografici, da contaminazioni culturali perché Venanti – come sostiene Luciano Luisi “è abbarbicato alla sua città, alla sua casa, al suo orto, a colloquiare con le cose che lo circondano, quelle cose che fanno del suo studio una sorta di antro di rigattiere, ma anche di paradiso per un collezionista curioso e colto”.
Con un fraseggio compositivo complesso che rifiuta il comodo semplicismo, con un tratto cromatico rapido e sicuro di rara potenza evidenziale, con un sorprendente contrasto “materico” di luci e di ombre, con una energia espressiva che nulla lascia all’ovvio e allo scontato, con l’interferenza di oggetti misteriosi e desueti che rimandano alla misteriosità orientale e ad evocazioni di “sapori” e “saperi d’antan”, Franco Venanti ottiene per una società “affamata” di bellezza e di verità, di valori e sentimenti di indirizzo vitale, effetti emozionali da captatio benevolentiae, da sindrome di Sthendal. L’arte dell’artista perugino che non rifiuta quel sano pizzico di intellettualità e quella ricerca di un mondo misterico e misterioso, dissolve in modo inequivocabile, la costruzione e la rappresentazione semplicemente reale, à la recherche acharnée, di una complessità, quale quella che circonda Franco Venanti e noi tutti. Con la piena convinzione che le domande dell’uomo su chi è, da dove viene e dove va, non sono interrogativi di poco conto. Ma che sono, al contrario, gli interrogativi che presiedono la creatività del poeta, del musicista e del pittore. Forse Franco Venanti, uomo ed artista in cammino verso la conoscenza, con dentro l’animo il dubbio giansenista, si adopera con la sua pittura di dèvoiler la beauté, che si identifica con la Verità. La sua opera è sempre arpionata all’estetica e al valore umano, in una sorta di battaglia tra cielo e terra con rimandi e ascendenze classico – rinascimentali.
Decisamente Franco Venanti è uno degli ultimi epigoni (se non proprio l’ultimo) di quella fioritura artistica che ha punteggiato la stagione culturale dell’Umbria del XX secolo.
Estratto da
60 ANNI IN MOSTRA 1
Franco Venanti & 46 maestri dell’arte contemporanea umbro-toscani
A cura di: Eugenio Giannì