[…] Quando, in una notte rigida, nella sua splendida Perugia, in uno studiolo cavato da un antico torrione, vidi quadri e stampe, sappi dire poco all’autore: buon segno per me, direi, e per lui. Lo stupore, infatti, il senso risaltante dell’invenzione, la complessità dell’opera dove nulla dell’ordine delle cose sembra violentato, ed invece è tutta una sottile inchiesta che ti punge attraverso le immagini di questo mondo fatto, disfatto e rifatto, non possono provocare verbali esplosioni, ma impongono stati di meditazione, e quasi di sgomento.
C’era il silenzio con noi, in quello studio, e tale silenzio non divideva l’autore da me, amico, ma ne declinava una dimensione inconsueta. inutile, in una breve nota senza pretese qual è la mia, indugiarsi in com’è lecito qui, quale porzione dell’uomo risulta calata in quest’opera singolarissima, al di là delle solite citazioni, eventuali parentele, eredità con antichi e moderni: vieta letteratura, sempre deviante ai fini di una autentica scoperta.
Franco Venanti è un uomo che vive dentro all’arte; col mondo ha il suo colloquio nel mistero della sua solitudine preziosa.