Ilia Galan – La pienezza di Venanti

Senza alcun dubbio, quando si contempla il lungo percorso di Franco Venanti, uno capisce di trovarsi di fronte ad un grande artista, un pittore che non si è preoccupato di seguire le mode ma che una volta trovato il suo stile, lo ha sviluppato senza preoccupazioni di vani trionfi o effimere correnti che giocano nel mercato delle arti usando molti artisti e le loro opere come modelli.
I suoi inizi, in una peculiare interpretazione dell’espressionismo (Crocifissione, Deposizione) si videro subito ricondotti ad una propria maestria nella figurazione dello stile più classico. Si ingannerebbe però chi pensasse che Venanti sia rimasto fermo in un solo punto.

Anche se sempre dipingendo temi a sfondo figurativo, nella sua opera non ha esitato ad approfittare, a suo modo, dei percorsi dell’astrazione dipingendo a volte figure (Tramonto, Figura e paesaggio, Alba, L’acqua, Profumo d’antico…), del collage dipinto (Entropie…) e, in generale, degli stili diversi che gli sono serviti ad esprimere qualcosa che molti altri avevano abbandonato nel nostro tempo: la bellezza. Venanti ha sempre voluto trasmettere la bellezza e lo ha fatto con una tecnica molto elaborata nella quale non rimaneva in superficie, ma che con occhio critico ha voluto comunicare qualcosa di importante, una rivelazione. Venanti è un artista che ha qualcosa da dire e lo dice, parla della società, del mondo che lo circonda e della vita elevando il suo pensiero alla categoria della metafora pittorica, per portare la sua voce colorista alla società che lo circonda.

L’epoca bianca, con le sue pitture velate dalla luce (Il falco meccanico, L’amorino, Ivette…) non è che un’altra tappa della stessa tendenza, poiché Venanti è un artista integrale, con una vera ossessione per i temi che ricorrono in tutta la sua carriera: le belle donne, vestite o nude, i cappelli, gli autoritratti e composizioni nelle quali l’artista mostra la sua presenza come genio onnipresente, la critica alla gerarchia militare ed ecclesiastica, principalmente i vescovi, la religione nel suo aspetto li- beratorio, la società che deve ritrovarsi nelle radici più profonde della civiltà, la tradizione ed il suo apporto, mescolato con la più vibrante modernità…

Il gusto dell’autore cambia, non così però le sue radici più profonde. Per questo, quando scopriamo l’opera dell’ultimo Venanti, la linea che segue nell’ultimo periodo della sua carriera non è retta nel modo di dipingere ma molto sinuosa, come un serpente che cerca il frutto tra folta vegetazione. Il fondo ideologico non muta, con enorme coerenza interna, e ci accorgiamo che il primo Venanti è la stessa cosa del Venanti maturo. Gli ultimi anni, di fronte alla demolizione dei valori in Occidente, gli hanno fatto cercare con più chiarezza quelle luci che meglio possono aiutare la nostra decadente civiltà.

Quale anarchico spirituale di élite, segnala quello che considera positivo al margine delle convenzioni e del politicamente corretto. Da ciò mostra la deca- denza di una società che apre la strada al caos che dipinge con forme originali. Allo stesso modo, in tempi di diffusa apostasia, non esita pubblicamente a dichiararsi cristiano, benché anticlericale, massone, e difensore della grandezza della nostra cultura, la cultura d’Italia, che pertanto è la cultura dalla quale ha origine. l’Occidente, giacché è in Italia che si fonde la Grecia Classica con il Cristianesimo, Oriente ed Occidente. Non invano la sua pittura è in piena sintonia con la tradizione italiana del colore e della bellezza. Le sue critiche alla società sono gentili, belle perché non può dipingere l’orrore come orrore se non trasmutandolo attraverso l’arte in qualcosa che piaccia, per questo la sua opera viene accettata da ogni tipo di pubblico.

L’ultima tappa della sua opera combina gli stili più eterogenei, mescola il modo presente le antichità e l’era dei cavalieri che mai ha abbandonato, dato che Venanti si sente, è, un cavaliere nel vero senso della parola, come sanno quelli che conoscono la sua quotidianità, le epiche vibrazioni della sua giovinezza, l’opposizione all’invasione nazista, l’attualità, nella sua casa-museo, dove riceve ogni tipo di personaggio, della politica, della scienza, dell’arte… come un re riceve nella sua corte, accompagnato dalla sua regina consorte Zaira.

Questo pittore si mostra così, risulta essere così figlio diletto d’Italia e talvolta segnala che per costruire un futuro è necessario costruire sulle fondamenta del passato, sulle buone tradizioni. Venanti, guerriero dello spirito, cerca sempre di costruire quella cattedrale sociale nella quale ogni operaio, ogni individuo, dalla libertà, contribuisca a rendere migliore il nostro mondo e così si oppone a quelli che rapidamente vollero e vogliono demolire, distruggere. Per questo non ha seguito la via negativa delle avanguardie, ma approfittando di ciò che di positivo c’era nell’ultima modernità, ha voluto insediarsi nell’eternità, come un classico. La sua opera non pretende di stare sulla cima passeggera della moda ma esser degna dei musei da dove varie generazioni possano contemplarla, ammirarla ed apprendere con essa, perché tanto paga. Il grande pittore umbro è realmente un grande pittore italiano e pertanto un grande artista occidentale, un grande della storia dell’arte, la cui opera può essere universalmente ammirata.

Probabilmente lo vedremo in un immediato futuro nel quale le invidie e la politica meschina degli ambienti artistici del mercato delle arti dei politici che organizzano esposizioni e musei cederanno innanzi all’evidenza dell’opera che parla da sola. Basta conoscere direttamente i suoi dipinti per rendersi conto di essere di fronte ad un grande maestro che ha saputo fondere avanguardia e tradizione, critica e bellezza, allegria e serenità, ironia e dolcezza. L’analisi della sua opera matura, l’ultima, mostra che Venanti è sempre più giovane, che osa di più quando dipinge, forse per esser sicuro di quello che dice e di come lo dice. Non smette di innovarsi dentro se stesso pur senza tradirsi. Così come sembra molto più giovane della sua età, con un aspetto curato, da dandy, da nobile signore, re del magico nodo della forma e del colore, poeta, scrittore e pensatore che vuole aiutare a redimere il nostro mondo, anche nella sua opera lo vediamo abbattere barriere, infrangere leggi ed imporre la propria legge di bellezza e libertà.

La geometria si mescola al caos, una genera l’altro e viceversa. La forma si diluisce in quello che è informe, in velature che si sovrappongono o nubi che si fondono e confondono. La luce diventa oscurità in un punto ed il colore è divo- rato da un nero o un bianco. Un angelo ci illumina unito ad un cittadino vestito come ai nostri tempi o una passione di Cristo con la croce tra vivi ed allegri colori, mostra che senza dolore e lotta interiore non c’è vittoria e pace. Sintesi della cultura che nelle sue ultime opere, tenta di legare al futuro un avviso ed un segnale (il simbolismo impregna l’opera di Franco Venanti). Dopo un XX secolo dove in alcuni luoghi il comunismo turpemente interpretato distrusse per mezzo di una rivoluzione lo splendore del passato, dopo un XX secolo nel quale l’Europa è andata dimenticando le sue radici per legarsi ad un presente di benessere materiale, dopo un XX secolo nel quale sono stati messi da parte i grandi modelli dell’Occidente per andare dietro ad altre civiltà o all’elaborazione multinazionale uniforme che gli Stati Uniti hanno esportato in tutto il mondo, Venanti dipinge i segnali di un futuro albero, oggi malato. Se la Grecia rinacque in Roma e questa, dopo essere stata invasa dai barbari, tornò ad emergere nella religione cristiana diffusasi dall’Italia centrale e poi di nuovo nel rinascimento e nel barocco ecc., è perché le radici sono forti, enormi e ricche. L’albero non può non crescere molto alto se non ha un saldo legame con profonde radici. Così ce lo ritrae Franco Venanti come se si trattasse di un paesaggio umano, culturale e spirituale.

Madrid 2008

 

Estratto da
60 ANNI IN MOSTRA 1
Franco Venanti & 46 maestri dell’arte contemporanea umbro-toscani
A cura di: Eugenio Giannì