I manifesti
Una nota a parte meritano i manifesti pubblicitari che Venanti ha realizzato nel corso della sua lunga attività. Sono “opere” all’interno delle quali ritroviamo la medesima poetica dell’arte.
Al di là di alcuni che propongono scene o particolari già prodotti, ve ne sono altri nei quali senza dubbio la forza di veicolare informazioni è elevata. Ci riferiamo ai manifesti realizzati per il “Centro Studi Giuridici e Politici di Perugia” col titolo Il risarcimento del danno ambientale, o quelli del Centenario Unione Sportiva Braccio Fortebraccio, Oltre il telefonoe Artigianato degli Angeli. Se in molti casi segno iconico e segno linguistico si distribuiscono in pari misura la responsabilità del messaggio, è al primo che Venanti affida la priorità. Egli sa di ricevere una maggiore attenzione da parte dell’osservatore solo quando è stimolato da un “coercitivo” richiamo visivo. Ecco allora coniugare alla composizione “lineare” quella “spaziale”, nella fattispecie il colore, che l’Artista ricava da opere pittoriche grafiche e che inserisce in ritagli o in particolari per estenderli oltre la gabbia. Al colore si affianca la struttura del quadro, architettata secondo la logica del “fuori centro” e sviluppata in diagonale per una maggiore dimensione “dinamica”. Quando poi tutto sembra ubbidire ad un’esigenza di simmetria, lo spostamento “posizionale” del segno linguistico è sufficiente ad annullare ogni effetto “statico”. Un movimento impercettibile, ma utile al fine di imporre un attimo di riflessione.
Merita ricordare che Venanti non disdegna la lezione dei Poeti Visivi, tant’è che Oltre il telefono, realizzato nel 1994, la caduta dall’alto di cifre in numeri dal rapporto di grandezza diversa – secondo l’ordine del piano di percezione – , ripropone in parte la logica di Miccini e Pignotti, i quali vedevano nel sistema dei mass media uno strumento di persuasione occulta da richiedere una controffensiva o ribaltamento dell’informazione. Venanti non raccoglie tale provocazione ma, piegando a suo favore il mezzo, si fa pubblicitario delle sue stesse idee, cioè della convinzione che l’arte è fatta per comunicare.